Pensando alla locuzione “Lavoro del Cavallo”, ormai entrata a far parte del linguaggio comune di chi pratica equitazione, ho deciso di riflettere a fondo sul suo significato perché temo che una sua interpretazione errata possa confondere le idee ed indurre comportamenti sbagliati.
Lavorare il cavallo alla corda, il lavoro del cavallo, il lavoro a piedi, ma chi è che deve lavorare? Il cavallo? Il cavaliere?
Forse per il cavallo da tiro che traina carri si può parlare di lavoro, ma che i nostri amati animali debbano compiere un qualsivoglia tipo di lavoro mi pare inverosimile.
Anche leggendo testi antichi, scritti da chi l’equitazione l’ha praticata per tutta la vita e ne ha codificato le basi, non mi pare mi sia mai capitato di imbattermi in tale locuzione.
Prendo alcuni libri dalla mensola della libreria e controllo; rigorosamente libri di autori italiani per evitare che qualche interpretazione nella traduzione possa confondermi.
Da Il Cavallarizzo di Claudio Corte (1562): “Aiutare il Cavallo…”, Insegnare alCavallo…”
Giovanni D’Aquino (1636) nel suo trattato di equitazione “Disciplina del Cavalllo…”
Da Scuola Equestre di Federigo Mazzucchelli (1805): “Si istruisce nel galoppo…..”, “Si istruisce nel passo di scuola”
Come pensavo, nessun cenno a cavalli che lavorano.
Bene! Questo mi conforta perchè oggigiorno, quando pensiamo al concetto di lavoro, immediatamente ci viene in mente qualcosa di faticoso, di logorante, di obbligatorio e quindi è ovvio che se questo tipo di approccio viene applicato all’esercizio fisico del nostro cavallo può provocare dei veri e propri disastri.
Se pensiamo all’esercizio fisico praticato dagli esseri umani, non si parla mai di lavoro, ma bensì di allenamento quando questo esercizio è finalizzato ad una pratica sportiva agonistica o semplicemente di ginnastica quando si tratta di un attività più prettamente amatoriale.
Inoltre, comunque sia, l’ultima cosa che ci può venire in mente è che tale esercizio possa danneggiare il nostro fisico, anzi, nel primo caso ci permette di rafforzarlo in vista degli sforzi che il gesto tecnico specializzato spesso comporta e nel secondo caso ci permette di mantenerci in forma e di allentare le tensioni psicofisiche accumulate durante il “lavoro”.
Nel 1884 Gustav Steinbrecht intitolava il suo trattato di equitazione “La palestra del cavallo”. Palestra, il luogo dove si fà ginnastica e non certo dove si lavora, ginnastica come base per il benessere dell’animale e dell’uomo
Sono convinto. Il cavallo non lavora! Ma allora chi è che lavora? Il cavaliere?
I cavalieri che hanno scritto i già citati libri erano probabilmente tutti nobili e quindi non credo proprio che praticassero una qualche forma di lavoro.
Quando andiamo in scuderia per passare un paio d’ore con il nostro cavallo pensiamo forse di lavorare? Ma figurati!
Chi monta a cavallo lavora? Ma figurati!
Ma allora chi è che lavora?
Torno alla mensola della libreria e prendo il vocabolario.
A,b, c…….l, lavorare; una serie di definizioni che non sciolgono i miei dubbi e poi in fondo, quasi nascosta, un ultima definizione:”.. per un artista, modellare la materia per creare un opera d’arte”.
Improvvisamente sento che la meta è vicina, faccio una rapida trasposizione della definizione; Lavorare il cavallo : “Ginnasticarlo per renderlo ancora più bello ed elegante”.
Ci sono! Ho trovato quello che cercavo. Non so se ho percorso la strada giusta, ma sono completamente soddisfatto del risultato.
Questo “lavorare il cavallo” mi piace sotto tutti i punti di vista, ti indica la strada da percorrere, ti fa capire quanta attenzione devi avere per il benessere del tuo cavallo, quanto ti devono brillare gli occhi man mano che vedi le sue forme cambiare, chiarisce una volta per tutte che colui che deve essere messo in primo piano non è il cavaliere ma bensì il cavallo.
Un atto di umiltà che da solo sarebbe sufficiente a cambiare il corso dell’equitazione moderna.
Alberto Alciator